giovedì 23 luglio 2009

The monkees live 1967



THE MONKEES LIVE 1967

I Monkees sono generalmente considerati (a torto), come un gruppo bubblegum prefabbricato a tavolino e buono solo per teenagers; ma questo è vero solo in parte. La storia ci dice che il quartetto, formato da Mike Nesmith, chitarrista e cantante; Micky Dolenz, batterista e cantante; Peter Tork, organista, bassista e cantante e Davy Jones, cantante e percussionista fu assemblato da un team di discografici e produttori televisivi tramite una selezione di oltre trecento candidati; e che a loro fu chiesto di interpretare un fittizio gruppo musicale per un serial TV sulla falsariga del film dei Beatles "A Hard Day's Night". Fin dall'inizio ci fu chi componeva dei pezzi di successo e nei dischi incisi essi prestavano solo le voci, ma erano dei session-man ad incidere la musica; scoppiò uno scandalo, si diceva che i Monkees erano un bluff e che non erano capaci di suonare; il gruppo si ribellò, licenziò il direttore artistico ed ottenne di registrare un disco interamente composto, prodotto e suonato da loro; il superbo "Headquarter", uscito nella primavera del 1967. Mancava però una prova tangibile della loro perizia come musicisti e quindi i ragazzi partirono per un tour intorno al mondo per smentire le malelingue e capitalizzare il successo dei dischi. Questo CD, ristampato dalla Rhino e registrato nell'agosto del '67 tra Seattle, Portland e Spokane, dimostra alcune cose: la prima è che i quattro erano comunque dei musicisti preparati, primo fra tutti Peter Tork, pianista competente ed eccellente banjoista dal passato come folksinger nel circuito folk Newyorkese a fianco di Stephen Stills; Nesmith invece era un ottimo compositore in ambito country ed un valente chitarrista; quanto agli altri due, Micky Dolenz, ex bimbo prodigio come attore e chitarrista in un gruppo garage, aveva una bella voce particolare e si dovette improvvisare, per necessità batterista, e grazie a qualche lezione aveva dimostrato di cavarsela più che dignitosamente. Jones, infine oltre a saper cantare bene era un ottimo ballerino e dal vivo accompagnava la band con tamburello, maracas e sedendosi dietro ai tamburi di tanto in tanto. Il suono dei Monkes on stage è trasformato: scarno, grezzo, duro, a tratti forse un po' caotico, spogliato da tutti gli orpelli dei dischi in studio e suona quasi come una garage band; ma proprio per questo risulta affascinante e dà una nuova immagine del quartetto che rivisita i propri successi come "Mary, Mary" o "Last Train To Clarcksville", con stile e padronanza, con qualche scherzoso intermezzo col pubblico e alcune "finte". Nesmith accenna a "Purple Haze" memore del fatto che fossero in tournèe con Jimi Hendrix; e senz'altro la vicinanza col grande chitarrista deve averli influenzati parecchio, visto che un pezzo come "Steppin' Stone" viene stravolto totalmente, dilatato e reso psichedelico con un bell'assolo di chitarra acida e sognante. In sostanza un bel disco, piacevole da ascoltare che rivaluta un po' questo gruppo troppe volte ingiustamente sottovalutato.

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